Sarà perché è stata la prima cosa che vedo a Miami. Sarà perché non mi aspetto niente del genere, così lontano dall’Europa. “Cosa ci fa un monumento sull’olocausto a Miami?” mi chiedo perplessa. Un sito bellissimo, un giardino incantato di piante tropicali, lo specchio d’acqua riflette il cielo terso di una bellissima giornata di sole, insomma un’inno alla vita piuttosto che un luogo di morte. Del resto, lo stesso Olocausto cosa c’entra con Miami, città vestita di mondanità, divertimento e lusso? No, proprio non capisco. Qualcosa non torna. Ma varcata la soglia del monumento improvvisamente tutto cambia. Lo sguardo si fissa sulle pareti, sull’infinità di nomi incisi nel marmo, un’unica lapide per tutte le vittime della shoah. Appoggio le mani alla parete, il freddo del marmo arriva all’anima, i nomi incisi graffiano la coscienza. E’ allora che il monumento comincia a parlare. Inesorabilmente, si alzano le voci delle vittime dell’olocausto. E i nomi incisi sul monumento diventano volti contratti, occhi sbarrati, bocche spalancate in urla di dolore. L’invitante bellezza iniziale si vendica, esigendo il suo tributo di angoscia. Un’ angoscia che cresce man mano che percorro gli spazi del memoriale.A tal punto che penso di non riuscire più a sostenere tutta questa pesantezza. Fino a che, alzando gli occhi, non mi imbatto nella visione dell’enorme braccio proteso con tutta la forza verso il cielo, con lo straziante peso di corpi avvinghiati. La statua, emblema del parco, è il punto focale del memoriale. E ovviamente, faccio la fotografia di rito. In quel preciso momento la luce del sole passa attraverso le dita della scultura, creando un effetto sorprendente. E’ allora che tutto diventa chiaro. L’angoscia e la disperazione dell’umanità distrutta dalla barbarie omicida dell’olocausto può essere vinta solo dalla speranza. La luce della verità vince le tenebre dell’odio. La memoria è il grimaldello con cui è possibile scardinare tutte le forme di ingiustizia. Un messaggio drammaticamente attuale, in un mondo in cui la coscienza globale deve fare i conti con il dilagare di guerre, genocidi di massa ed emigrazioni epocali, Un olocausto senza fine, che si consuma quotidianamente sotto i nostri occhi. Occhi che non dobbiamo chiudere per metterci a posto la coscienza. Che la memoria dell’olocausto sia il monito per la nostra società e le future generazioni di non dimenticare. E fuggire le occasioni di ingiustizia e prevaricazione. In tutto il mondo. E come l’Armata Rossa entrò nel campo di Auschwitz, liberando i prigionieri, a noi l’invito a varcare le soglie della speranza, non perdendo mai la memoria.