Domenica pomeriggio, ore 5.00 pm della West Coast, il Dolby Theater di Los Angeles ha ospitato quelli che sono i più famosi e prestigiosi premi del cinema americano e di conseguenza, internazionale: Gli Oscar 2018 che proprio in quest’edizione hanno spento la loro novantesima candelina. In concomitanza con quella che è stata anche la notte dello spoglio dei voti in Italia, sappiamo per certo che nella vita è sempre questione di scelte. Anche i votanti dell’Academy of Motion Picture Arts and Science del resto, sono stati chiamati a votare per chi meritasse la tanto ambita statuetta nell’anno di questo importantissimo traguardo e come loro, tantissimi italiani (dopo aver votato, chiaro), hanno preferito festeggiare il compleanno degli Academy rispetto alla confusione dei voti!

90 anni di prestigio e passione ma anche di critiche e di delusioni. Da Benigni che saltella sulle sedie di velluto del teatro nel 1999, alla disastrosa conduzione di James Franco e Anne Hathaway, al selfie che tutti noi ricordiamo (e ammettiamolo, imitiamo) postato da una fantastica Ellen DeGeneres fino al madornale errore nell’annunciare il miglior film del 2017. Gli Oscar 2018 compiono 90 anni in uno dei periodi più delicati della storia del cinema: è il momento di Weinstein e dello scandalo delle molestie, sono gli Oscar di tutte quelle donne che si sono alzate e hanno fatto sentire la propria voce contro ogni sorta di polemica. Sono gli Oscar del “Punto e a capo”. Il sentimento diffuso è quello di rinascita, del punto zero. Non importa quanto ancora ci sarà da combattere, questi sono gli Oscar di tutti coloro che hanno voce e che decidono di usarla. In sala, a stringere le mani e muoversi come se l’intero ambiente gli fosse stato cucito addosso molto tempo prima, anche il nostro Guadagnino accompagnato da James Ivory che da lì a breve sarebbe diventato l’uomo più anziano a vincere un Oscar competitivo che gli Academy avessero mai riconosciuto. La sensazione, partecipandovi, è essa stessa di far parte di un film, una prestigiosa ed unica emozione. Il momento della rivelazione è condito da un misto fra ansia e pura gioia, tutto intorno si mette a tacere, il palco sembra illuminarsi di luce propria, una calamita dorata che non permetterebbe, anche volendo, di guardare altrove. I riconoscimenti si susseguono, uno dopo l’altro fra gli applausi dei presenti e le lacrime di gioia di chi stringe fra le mani il simbolo per eccellenza di essere finalmente “qualcuno” ad Hollywood. Quella Hollywood tanto bistrattata ma dalla quale nessuno riesce mai davvero a prescindere. Il momento più esilarante lo ha regalato Frances McDormand con il suo discorso, dopo aver vinto il premio come miglior attrice in “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”. Evidentemente trepidante, è salita sul palco esortando ad alzarsi in piedi per prima la regina fra le regine Meryl Streep, quindi tutte le donne che facessero parte in un modo o nell’altro della produzione di un film. Dalle attrici, alle sceneggiatrici, direttrici, fotografe, tutte unite in ideale abbraccio cosmico contro un nemico comune: il concetto di “sesso debole”.

Ma l’Oscar per il “momento più toccante”, va senza dubbio a Guillermo Del Toro per l’intensità del suo discorso:“Voglio dedicare la vittoria a ogni giovane filmmaker, la gioventù che ci sta mostrando come le cose sono fatte in ogni paese del mondo. Io sono un immigrato, la cosa migliore che fa la nostra industria è di eliminare i confini sulla sabbia che il resto del mondo tenta di fare più profondi”. E da immigrati, beh, lo sappiamo. Ci sono cose che fanno breccia, sensazioni condivise che rendono questi nostri continui scavi qualcosa di speciale, per cui vale e varrà sempre la pena combattere.

Grazie Oscar 2018, ci vediamo il prossimo anno più carichi che mai!

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