Sono ormai passati vent’anni dalla tragica fine di uno degli stilisti più celebri e originali che la storia della moda abbia mai visto: Gianni Versace, fondatore dell’omonima Maison insieme alla sorella Donatella e al fratello Santo.

Il 15 Luglio del 1997, durante un sabato mattina all’apparenza come gli altri fu assassinato nella sua residenza di South Beach, ai piedi della villa che doveva essere il monumento alla sua vita e sarà invece quello della sua morte.

La chiamano “Casa Casuarina” per il pino australiano (Casuarina) che sorge nello splendido parco; Gianni Versace l’aveva acquistata nel maggio del 1992 e aveva curato personalmente la ristrutturazione degli interni ad opera di una squadra di manovali italiani. I lavori, durati oltre due anni, erano terminati nel 1995. Lo stilista l’aveva riempita di oggetti e simboli della sua attività e del suo inconfondibile stile: un pavimento a mosaico con il simbolo della medusa, cortili, interni e piscine da favola…

 E fu sulla scalinata di questa magnifica e personalissima villa che Versace si spense all’età di 50 anni, raggiunto da numerosi colpi di pistola in quella che venne descritta come “una vera e propria esecuzione”. Dell’omicidio fu accusato Andrew Cunanan, un tossicodipendente psicopatico, in quel momento latitante, che in precedenza aveva tolto la vita ad altre quattro persone.

Questi, tuttavia, non venne mai interrogato né a suo carico venne istituito alcun processo poiché fu trovato morto alcuni giorni dopo. Una volta rinvenuto il cadavere, fu immediatamente cremato per cui si rivelò impossibile procedere ad un’autopsia che chiarisse le cause del decesso.

Date le circostanze, per così dire, “poco chiare” sorsero diversi rumours a proposito di un insabbiamento: e se Cunanan fosse stato semplicemente un capro espiatorio? O, ancora, se fosse stato ucciso perché a conoscenza del vero assassino dello stilista?

Dopo 15 anni il caso fu riaperto su sollecitazione dell’ex compagno dello stilista, Antonio D’Amico, con cui Versace aveva convissuto per anni.  In un’intervista ad un noto settimanale, D’amico racconta di non aver mai creduto alla tesi del mitomane e ipotizza «Cunanan che né io né Gianni avevamo mai visto, ha agito su indicazioni altrui. In più il caso è stato chiuso troppo in fretta, gli americani volevano togliersi la patata bollente e la famiglia ha accettato la loro versione. Fosse stato per me, sarei andato avanti. Ma io, per la legge, non ero nessuno».

Questa notizia sembrerebbe avvalorata da “Metastasi”, un libro scritto da due giornalisti di Libero, Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, secondo i quali il famoso stilista e imprenditore italiano sarebbe stato ucciso dalla criminalità organizzata calabrese. Il movente? I debiti per droga accumulati negli anni dalla famiglia Versace, i cui membri, naturalmente, smentiscono l’ipotesi.

L’omicidio, dunque, costituisce a tutti gli effetti un mistero da prima pagina ed è forse questa una delle ragioni per cui, quasi ogni giorno, si vedono turisti aggirarsi intorno alla villa e posare per selfie e foto ricordo, talvolta perfino distendendosi sui gradini in una macabra rievocazione.

Nell’ultimo mese, per l’avvicinarsi del ventesimo anniversario della morte, sono state diffuse molte notizie su quanto accaduto insieme a ricostruzioni del delitto, per non parlare della serie TV ancora in fase di realizzazione…

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