71 anni dalla morte di Al Capone: a Miami c’è ancora chi vuole ricordarlo

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Era il 25 gennaio del 1947 quando Alphonse Capone morì nella sua villa di Miami sfinito dalla sifilide e da (chiamiamoli così), una serie di acciacchi fisici “tipici” di una vita da boss mafioso!
Quarto di nove figli Al Capone nasce a Brooklyn nel gennaio del 1899 da una famiglia italiana.

L’inclinazione alla criminalità si vede già da ragazzino, quando in nome di un’ambigua “fratellanza” riunisce i lavoratori di origine italiana dietro cui si celavano già all’epoca alcuni fra i più temuti boss mafiosi dell’era del proibizionismo americano. Snobbata l’attività del padre come barbiere, Capone si fa presto notare dai boss locali per ambizione e crudeltà.

Arrestato più volte ma mai incastrato, anche in nome di una prevedibile omertà di una città stretta dentro la morsa della criminalità organizzata, Capone ha agito indisturbato per molti anni.
Ad incastrarlo sono 5 capi d’imputazione su 20 (si, 5 su 20 Signori miei) e i suoi problemi con il fisco che gli costano 11 anni di prigione. Ne sconta 6 e poi viene liberato per buona condotta.

Una volta scagionato, Capone viene ricoverato a Baltimora per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute per poi morire a causa di un ictus nella sua villa di Miami.

Ed è proprio qui che anche a distanza di 70 anni dalla morte di una delle figure criminali più spietate della storia americana, alcuni “fan” continuano a ricordarlo. Ogni anno infatti, a “celebrare” l’anniversario della morte di Capone centinaia di fiori e alcune lettere d’ammirazione rivolte al boss mafioso. Nulla che neghi l’effettiva crudeltà di Capone, anzi. Le lettere ne evocano l’onore, anche sotto le vesti di criminale.

Non so voi, ma forse l’onore non è esattamente la prima cosa a verrebbe da pensare quando si parla di Capone…

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