Quest’anno non sembra esserci muro che tenga i Dolphins. La stagione della squadra di football di Miami è cominciata in attacco e sembra collezionare tutti i touch down che contano.

Anche la partita di domenica contro i Raiders è stata un successo che i Dolphins hanno portato a casa per 20-28. Match che si è concluso sotto la luce dei riflettori e di fastidiose polemiche. A tal proposito, è necessario fare un piccolo passo indietro. Abbiamo avuto l’onore di parlare con una delle rappresentanti dell’ufficio stampa dei Dolphins che ci ha spiegato quale sia la filosofia dei tifosi dello sport (o meglio del football americano) rispetto a quella dei nostri tifosi di calcio. Per fare questo siamo partite proprio dall’espulsione di uno dei giocatori dei Dolphins, Akeem Spence, dopo aver (parrebbe accidentalmente) colpito Gabe Jackson dei Raiders con il casco.

-Il Football di base sembrerebbe un gioco violento. Lo è anche la tifoseria?

No, la tifoseria del Football Americano è la tipica tifoseria della domenica allo stadio. La gente ha bisogno di tranquillità, le famiglie si muovono tutte insieme per poter passare una giornata in compagnia, cantando e supportando la propria squadra. Eventi come quello di ieri sono rarissimi. Il Football è violento ma ha delle regole ben precise che tutti, di base, tendono a rispettare. La sportività è un concetto che ci insegnano fin da piccoli. Basti pensare all’importanza che ha l’educazione fisica nelle scuole, a come fin da piccoli cresciamo con l’idea di squadra”.

-C’è chi sostiene che la competitività sia troppa, fin da piccoli. Cosa ne pensa?

Un po’ di competitività non guasta. Siamo americani del resto (ride). Non ci insegnano a lasciar passare avanti, ci insegnano ad essere i migliori e se perdiamo, beh, impariamo ad essere i migliori anche nella sconfitta. Non è un fallimento, è un modo per capire cosa non è andato, cosa va aggiustato e migliorato. La differenza è che tantissime persone leggono la sconfitta come una scusa per lasciar perdere. Molti di noi invece prendono la sconfitta come una sfida contro sé stessi ed è un atteggiamento vincente quello che conta”.

-E questo concetto di sconfitta vincente si respira anche in tribuna?

Si, la sensazione è questa. Non si va allo stadio per insultarsi o aizzare le folle con cori razzisti. Anche perché gli insulti razzisti sono considerati essi stessi episodi di violenza e sono trattati e puniti con estrema serietà. Inoltre, è l’esperienza stessa dello stadio ad essere vissuta diversamente. Allo stadio ci si va per sostenere la propria squadra, ma anche per insegnare ai propri figli l’importanza dello sport, della condivisione, del supporto, della perseveranza. Sono concetti che lo sport insegna ogni giorno ma di cui è necessario fare esperienza per poterli vivere al massimo“.

Ecco, non sappiamo se abbiate mai sperimentato un derby milanese in curva a San Siro. Ma vi possiamo assicurare che nozioni come “sportività” o anche solo “famiglie e bambini”, non sono esattamente rispettate. Quello che possiamo dire è che una tranquilla domenica allo stadio forse non sfogherà le frustrazioni di una settimana in coda in tangenziale come saltare, urlare e scagliare fumogeni dagli spalti. Ma in quanto esseri umani dotati di una certa educazione civica forse qualcosina potremmo impararla anche noi!

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