The Star Spangled Banner, Il National Anthem -l’inno nazionale americano- scritto da Francis Scott Key nel settembre del 1814, così lontano eppure così attuale nella società americana. Talmente coinvolgente da riuscire ad entrare nel sangue di chi, come noi, è in terra ospite. Così da buoni immigrati portiamo la mano al cuore e partecipiamo cantando desiderosi di poter condividere con l’America questo sentimento patriottico vissuto in modo così differente da noi italiani. Eppure domenica i Miami Heat, riprendendo la protesta dei giocatori della NFL che si erano inginocchiati davanti alla bandiera durante l’inno nazionale, hanno deciso di intrecciare le loro braccia fino a formare un muro, proseguendo la protesta iniziata da altri giocatori dell’NFL che dopo il commento rilasciato dal Presidente Trump si sono rifiutati di presenziare, come da tradizione, alla casa bianca. Ancora un muro. Un muro che in questo caso rappresenta il dissent, il dissenso, una presa di posizione contro le ingiustizie sociali e razziali in un’attualità vissuta come momento di disagio. Ma è questo un modo rispettoso per esprimere il disagio? È un’azione che spinge la gente a reagire o è essa stessa una reazione all’azione? Ad un’azione corrisponde sempre una reazione. Non potrebbero esserci soluzioni alternative ma ugualmente risonanti per far sentire la propria voce? Se si ripercorre la storia americana si scopre che in fin dei conti gli Stati Uniti sono una nazione fondata sul diritto e sul potere del dissenso e che quest’ultimo ha sempre avuto un ruolo chiave nella società americana, la irrora addirittura. Ne sono uno esempio tutti coloro che nei secoli hanno lasciato la loro patria per inseguire i propri ideali; la Declaration of Independence pubblicata nel 1776 Il cui ammutinamento delle 13 colonie da un re tiranno è stato reso pubblico al mondo. Ne è una conferma il The Bill of Rights del 1791, stilato da Madison su volontà degli anti-federalisti contro una Costituzione che si concentrava sui diritti della nazione, ignorando quelli individuali. Lo hanno dimostrato le donne del Wyoming nel 1869 sulla scorta delle Suffragette francesi per avere parità di diritti; gli abolizionisti che cercavano di distruggere la schiavitù; i sindacati organizzati dai lavoratori; gli indiani che hanno resistito alla violenza bianca sulla loro terra; i manifestanti dei diritti civili che marciarono per porre fine alla segregazione; gli attivisti antiwar hanno invaso le strade per protestare contro le guerre della nazione, la lotta per i diritti degli omosessuali. E poi i reazionari, i conservatori e i tradizionalisti di ogni decennio che hanno lottato per far sentire la propria voce. Fra questi dissidenti qualcuno fu celebre eroe della storia americana, mentre altri furono persone comuni, spesso trascurate, ma le cui storie mostrano che il cambiamento è spesso compiuto attraverso l’attivismo di base, il dissent.