Il Presidente Trump vara un ordine esecutivo che subentrerà al “travel ban“. L’ordine tuttavia prevede la raccolta dei dati biografici della persona richiedente asilo politico o che entra negli Usa come rifugiato umanitario.

Protesta contro il presidente Trump

Sotto esame anche i post sui social, luoghi e persone frequentate, luogo di lavoro. Washington riapre le porte alle persone che entrano negli Usa come rifugiati, lasciando fuori coloro che provengono dalla black list che contiene ben 11 Paesi. I porta voce dell’amministrazione della Casa Bianca lo rendono noto durante una intervista con alcuni giornalisti al telefono. Ieri notte è scaduto dunque il “travel ban”, la norma discussa che prevedeva l’interruzione per quattro mesi all’accoglienza dei rifugiati. La norma che ha visto più versioni, prevedeva da ultimo il divieto di ingresso sul suolo degli Stati Uniti per i cittadini di alcune nazioni considerate pericolose e dunque inserite in quella che la stampa definisce la Black List, si tratta di Siria, Libia, Iran, Yemen, Ciad, Somalia, Corea del Nord e Venezuela.

L’ordine esecutivo tuttavia è stato più volte sospeso dalla sua applicazione dalla magistratura che ne aveva posto la questione di legittimità costituzionale. In attesa di una definizione della norma da parte del Parlamento, il nuovo ordine esecutivo dovrebbe prevedere un rinvio all’accettazione del visto necessario per l’ingresso nel Paese per i cittadini provenienti da questi 11 paesi, così da permettere alle autorità amministrative di effettuare controlli ancora più analitici e approfonditi. In questo modo, i funzionari della Polizia Federale potranno analizzare la vita “sociale e social” di colui che richiede asilo all’interno dei confini nazionali. Le analisi si concentreranno sui dati biografici, da quelli base ai controlli incrociati con l’anagrafe del posto di provenienza, oltre che alla vita svolta dall’individuo, i suoi gusti, le sue passioni, i contenuti caricati sui social network, luoghi frequentati, lavoro svolto, insomma tutto ciò che serve ad individuare la vita condotta dalla persona richiedente lo status di rifugiato politico. Per l’approvazione, occorre che i funzionari di Polizia Federale non trovino alcuna prova che possa in nessun modo violare o minacciare la sicurezza e l’interesse Nazionale. L’amministrazione Trump ha previsto anche l’invio periodico di alcuni Funzionari Antifrode, per verificare che la raccolta dei dati non possa esser falsata in alcun modo, specialmente nei centri per i rifugiati, dove queste persone migranti trovano la prima accoglienza. Resta tuttavia l’ipotesi per cui la Magistratura potrebbe trovare anche questa volta un vulnus giuridico che renda inapplicabile anche questa norma.

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